giovedì 15 ottobre 2015

Voci all'Opera

Quando, nel 1853, Verdi mise in scena per la prima volta La Traviata, sul palco del teatro La Fenice di Venezia, in occasione del Carnevale, lo spettacolo fu un fiasco totale. A contribuire al disastro vi fu l’argomento trattato nell’opera, che traeva spunto da una vicenda realmente accaduta che aveva scosso non poco gli animi della società. Tuttavia, ciò che principalmente influì sulla pessima riuscita di quella prima teatrale fu l’interpretazione da parte di cantanti mediocri. L’opera aveva come protagonista una prostituta, Violetta, innamorata dell’affascinante e ricco Alfredo con il quale decide di convivere, per poi sacrificare la sua felicità per amore e per il buon nome della famiglia di lui. Nonostante la società veneziana non si facesse scrupoli nel contravvenire alle regole della morale del tempo, soprattutto in occasione del Carnevale, nessun cantante, tra i migliori, accettò di partecipare alla messa in scena dell’opera verdiana. Per questo, il compositore si vide costretto ad affidare le parti a interpreti dalle capacità canore scontate e prive di originalità. 
Un anno dopo, forte della sua certezza che La Traviata potesse essere e diventare una grande opera, Verdi tornò in quella stessa città, in quello stesso teatro, con la stessa opera, ma con cantanti differenti. Il risultato fu strabiliante. Ben presto, La Traviata divenne una delle opere più conosciute e interpretate in Italia e all’estero.


Sul successo della rappresentazione teatrale di un’opera, incidono vari elementi: l’orchestra, intesa come numero di strumenti e dei singoli elementi, i costumi, le scenografie, ma, più di tutto, i cantanti stessi. La motivazione è semplice: l’opera si basa sul canto. Non per niente, in relazione all’eccellenza dell’opera italiana si parla di “bel canto”. La musica accompagna, crea atmosfera e attesa, partecipa nel suscitare emozioni, ma, in definitiva è il canto a risvegliare rabbia, sgomento, gioia, tristezza e tutta la gamma di sentimenti umani. Non tanto le parole, che nella maggior parte dei casi, risultano quasi incomprensibili, ma per la voce stessa, lo strumento che sovrasta tutti gli altri, l’unico in grado di catturare e diffondere in senso pieno ciò che si cela dietro le note che formano la composizione. Si potrebbe ricorrere a mille esempi per dimostrarlo, scegliere arie operistiche in cui chiaramente, senza la voce o le voci, l’effetto non sarebbe il medesimo. Ho deciso di utilizzarne una, riportata nel video qui sopra, che rappresenta la parte finale proprio della Traviata di Verdi, un momento carico di angoscia, in cui la musica interviene a sottolineare la disgrazia solo nelle note conclusive, con un crescendo che lascia sgomenti e impotenti. Ma nei quasi cinque minuti che precedono questo epilogo musicale, è la voce di Violetta in primis, e di Alfredo e suo padre in secondo luogo, a fare da guida, da faro per il cuore in balia di onde fatte di tristezza, inquietudine, compassione e desiderio di fare qualcosa che, si sa, non è possibile fare. La voce di Violetta Valery sottolinea la gravità della situazione, su una musica dai toni gravi, e conduce ad uno spiraglio di luce con un’ultima nota di speranza e apparente felicità, che termina e si chiude nell’esatto momento in cui, vinta dalla tisi, anche la voce della protagonista si spegne per sempre. 

Analizzando da vicino le voci liriche, diventa chiaro quanto il loro ruolo sia fondamentale. Tornando all’esempio della Traviata, sempre la parte finale dell’opera può farci intendere l’importanza della voce, a dispetto della musica, dei testi e della trama stessa che a volte appare surreale. Se proviamo a riascoltare le ultime battute di una Violetta Valery morente con la testa invece che con il cuore, a partire dal minuto 4.20 del video, il nostro senso logico ci farebbe rendere conto dell’assurdità della situazione: la cortigiana è devastata dalla tisi, una malattia che colpisce i polmoni. Fino a poco prima era in preda agli spasmi e, ora, improvvisamente, riesce a condurre la voce all’estremo. Chiaramente, ciò, nella realtà, non sarebbe possibile, ma nell’Opera sì. Perché l’Opera è emozione, arriva al cuore, spesso tralasciando la ragione e qualsiasi ascoltatore troverebbe inconcepibile l’interpretazione della morte di Violetta con una voce gracchiante e scandita dagli ultimi colpi di tosse. Il Melodramma è, dunque, l’unica forma artistica in cui il reale sarebbe più scioccante del fantasioso, perché la voce riesce a cancellare il banale e rendere tutto possibile.

Un altro aspetto che ci aiuta a capire la sacralità delle voci è che senza di esse non esisterebbero i personaggi. Niente personaggi, niente trama e quindi niente opera. Per capire questo concetto è sufficiente cercare, anche in internet, un libretto operistico a caso, aprirlo nelle prime pagine e cercare la lista di personaggi. Accanto ad ognuno di essi, compare una categoria: soprano, mezzosoprano o contralto per le donne; tenore, baritono o basso per gli uomini. Per semplificare, riporto di seguito la lista degli interpreti della Traviata stessa:

Violetta Valéry: Soprano
Flora Bervoix: Mezzosoprano
Annina: Mezzosoprano
Alfredo Germont: Tenore
Giorgio Germont: Baritono
Gastone de Letorières: Tenore
Barone Douphol: Baritono
Marchese d'Obigny: Basso
Dottore Grenvil: Basso
Giuseppe, servo di Violetta: Tenore
Domestico di Flora: Basso
Commissionario: Basso

Perché l’elenco dei personaggi può essere utile a dimostrare l’importanza delle voci nell’ambito operistico? Perché un tempo, nel periodo di massimo splendore della lirica, ogni voce corrispondeva ad un personaggio. Così, ad esempio, i protagonisti erano sempre soprano o tenori, i personaggi secondari mezzosoprano o baritoni, mentre quelli che fungevano quasi da comparse erano contralti o bassi. Con il tempo, alcune voci cominciarono a indicare addirittura determinate categorie, con rare eccezioni: così, giusto per fare un esempio, donne di dubbia fama o streghe erano interpretate da mezzosoprano, come nel caso di Flora Bervoix nella Traviata. 

L’importanza di tutto ciò, della voce in generale e di ciò che rappresentava e poteva fare in un’opera, divenne tale che, nel caso dei soprano, si crearono delle sottocategorie adatte a determinati personaggi o determinate prove di canto. Cominciarono così a distinguersi tre tipi differenti di soprano:
Soprano leggero
Soprano drammatico
Soprano lirico.

Queste sottocategorie, spiegate e identificate nel video riportato in fondo all’articolo, fecero sì che vi potesse essere un più ampio utilizzo della voce potente ed estasiante dei soprano. Come detto prima, queste, di norma, sarebbero state utilizzate per parti da protagoniste. In alcuni casi, la varietà di voci appartenenti alla stessa categoria ha permesso di utilizzare i soprano per parti normalmente dedicate ai mezzosoprano. Ad esempio, secondo il libretto originale del Zauberflöte (Il flauto magico) di Wolfgang Amadeus Mozart, tutti i personaggi femminili, a parte la Terza Dama, avrebbero dovuto essere interpretati da soprano, anche la Regina della Notte, per cui si utilizza, solitamente, un soprano leggero. Lo stesso si può dire della Carmen di Bizet, in cui, secondo il libretto la protagonista dovrebbe essere una mezzosoprano. Nonostante ciò, nell’arco del tempo, venne interpretata da grandi soprano, come Maria Callas.


Il discorso delle voci liriche, tanto complesso quanto affascinante, potrebbe proseguire all’infinito, non facendo altro che seguitare a confermare la bellezza, la particolarità e il calore della voce umana.


venerdì 9 ottobre 2015

L'Opera in Festa a Brescia




Erano le 6 del mattino di sabato 19 settembre. L’aria fresca delle prime luci dell’alba scendeva dal Colle Cidneo, costringendo le numerose persone radunate nell’antico Teatro Romano a stringersi nei loro golfini. Una folla di coraggiosi, raccolti attorno ad un palco che avrebbe ospitato un concerto speciale. Era il giorno della Festa dell'Opera, a Brescia e alle 6.30 un piccolo gruppo di cantanti lirici, ospiti in città, avrebbe dato il via agli eventi e alle manifestazioni della giornata, alternandosi sul palco dell'anfiteatro e unendosi poi agli spettatori per la colazione a base di caffè e brioches. 

Ci si aspettava un numero esiguo di persone, alle prime luci dell'alba, in quel sito divenuto Patrimonio dell'Unesco già da qualche anno. La folla intervenuta a riempire il teatro a cielo aperto ha invece sorpreso tutti: giornalisti, organizzatori e cantanti stessi, che pervasi da un nuovo vigore hanno dato il meglio di sé. Il numero di persone accorse a questo evento gratuito è stato un preludio di ciò che sarebbe accaduto durante tutta la giornata, soprattutto nelle ore serali.

Gli eventi si sono susseguiti in mattinata e nel pomeriggio, emozionando soprattutto i dipendenti di due fabbriche bresciane, divenute teatri improvvisati, e i pazienti delle strutture ospedaliere. Concerti a sorpresa e totalmente improvvisati hanno lasciato a bocca aperta cittadini e turisti, come gli spettacoli tenuti sui mezzi pubblici. In Piazza Tito Speri, il cantante Omar Kamata è uscito dal negozio di un barbiere intonando "Largo al Factotum", aria tratta dal "Barbiere di Siviglia", facendo sorridere e divertire i passanti. Nel piazzale della Freccia Rossa, il coro Calliope ha interpretando il "Va Pensiero" del Nabucco, emozionando molte persone, alcune delle quali si sono unite al canto. Ben seguita è stata l'Opera Jukebox, una manifestazione in cui era possibile richiedere l'interpretazione di un'aria a scelta, cantata da Omar Kamata e Anna Bordignon. Le cantanti Masha Salimi e Lisa Sasso hanno invece accompagnato i bresciani nel loro consueto aperitivo. Indescrivibile la folla che si è radunata fuori dal Teatro Grande, per assistere nella sala chiamata Ridotto allo spettacolo ridotto, appunto, ovvero privo dei recitativi ma comprendente tutte le arie, della Traviata verdiana. L'amore per l'Opera si è visto anche da quanti genitori hanno deciso di accompagnare i propri figli non solo a questi spettacoli, ma anche a quello tanto atteso riservato ai più piccoli, ideato per far conoscere loro, in maniera semplice e divertente, alcuni tra i personaggi più cattivi della storia dell'Opera.

Gli spettacoli più impegnativi e attesi sono indubbiamente stati quelli serali. La città è stata divisa in tre zone. Sul palco di Largo Formentone, accanto al palazzo della Loggia, si sono susseguiti concerti in stile pop, jazz e swing, aventi una scaletta basata sulle maggiori arie operistiche. Il palco posto nel cortile del Broletto, ha invece visto l'alternarsi di musicisti impegnati a interpretare arie celebri di Verdi, Donizetti e Leoncavallo, anche con il solo uso di strumenti, creando, per un momento, un'atmosfera rilassante e magica dai suoni soul


La zona più gettonata è stata senz'altro Piazza del Foro, dove un piccolo palco era stato montato per ospitare, principalmente, il concerto di tre tenori e di una soprano, accompagnati da un pianista. La folla, qui, era immensa, difficile trovare un posto a sedere, ma l'entusiasmo di tutti coloro che sono accorsi per la Festa dell'Opera, ha davvero preso il sopravvento quando, intorno alle 22.30, si è cominciato ad allestire l'ultimo spettacolo, quello di chiusura. Per questo, non c'è stato bisogno di montare alcun palco. Cantanti e musicisti si sono posizionati all'interno del Capitolium, l'antico tempio romano che chiude Piazza del Foro. I cantanti Ivan Inverardi, Larissa Wissel, Raffaella Lupinacci e Marco Frusoni, accompagnati dalla Lyricopera Ensemble, hanno chiuso i festeggiamenti con le arie più note del Rigoletto di Verdi, creando un'atmosfera magica, fatta di luci, colori, suoni e, soprattutto, voci che hanno rivelato la grandezza di questa forma di musica e di arte che aspetta solo di essere riconosciuta come patrimonio culturale non solo italiano, ma del mondo intero.