giovedì 15 ottobre 2015

Voci all'Opera

Quando, nel 1853, Verdi mise in scena per la prima volta La Traviata, sul palco del teatro La Fenice di Venezia, in occasione del Carnevale, lo spettacolo fu un fiasco totale. A contribuire al disastro vi fu l’argomento trattato nell’opera, che traeva spunto da una vicenda realmente accaduta che aveva scosso non poco gli animi della società. Tuttavia, ciò che principalmente influì sulla pessima riuscita di quella prima teatrale fu l’interpretazione da parte di cantanti mediocri. L’opera aveva come protagonista una prostituta, Violetta, innamorata dell’affascinante e ricco Alfredo con il quale decide di convivere, per poi sacrificare la sua felicità per amore e per il buon nome della famiglia di lui. Nonostante la società veneziana non si facesse scrupoli nel contravvenire alle regole della morale del tempo, soprattutto in occasione del Carnevale, nessun cantante, tra i migliori, accettò di partecipare alla messa in scena dell’opera verdiana. Per questo, il compositore si vide costretto ad affidare le parti a interpreti dalle capacità canore scontate e prive di originalità. 
Un anno dopo, forte della sua certezza che La Traviata potesse essere e diventare una grande opera, Verdi tornò in quella stessa città, in quello stesso teatro, con la stessa opera, ma con cantanti differenti. Il risultato fu strabiliante. Ben presto, La Traviata divenne una delle opere più conosciute e interpretate in Italia e all’estero.


Sul successo della rappresentazione teatrale di un’opera, incidono vari elementi: l’orchestra, intesa come numero di strumenti e dei singoli elementi, i costumi, le scenografie, ma, più di tutto, i cantanti stessi. La motivazione è semplice: l’opera si basa sul canto. Non per niente, in relazione all’eccellenza dell’opera italiana si parla di “bel canto”. La musica accompagna, crea atmosfera e attesa, partecipa nel suscitare emozioni, ma, in definitiva è il canto a risvegliare rabbia, sgomento, gioia, tristezza e tutta la gamma di sentimenti umani. Non tanto le parole, che nella maggior parte dei casi, risultano quasi incomprensibili, ma per la voce stessa, lo strumento che sovrasta tutti gli altri, l’unico in grado di catturare e diffondere in senso pieno ciò che si cela dietro le note che formano la composizione. Si potrebbe ricorrere a mille esempi per dimostrarlo, scegliere arie operistiche in cui chiaramente, senza la voce o le voci, l’effetto non sarebbe il medesimo. Ho deciso di utilizzarne una, riportata nel video qui sopra, che rappresenta la parte finale proprio della Traviata di Verdi, un momento carico di angoscia, in cui la musica interviene a sottolineare la disgrazia solo nelle note conclusive, con un crescendo che lascia sgomenti e impotenti. Ma nei quasi cinque minuti che precedono questo epilogo musicale, è la voce di Violetta in primis, e di Alfredo e suo padre in secondo luogo, a fare da guida, da faro per il cuore in balia di onde fatte di tristezza, inquietudine, compassione e desiderio di fare qualcosa che, si sa, non è possibile fare. La voce di Violetta Valery sottolinea la gravità della situazione, su una musica dai toni gravi, e conduce ad uno spiraglio di luce con un’ultima nota di speranza e apparente felicità, che termina e si chiude nell’esatto momento in cui, vinta dalla tisi, anche la voce della protagonista si spegne per sempre. 

Analizzando da vicino le voci liriche, diventa chiaro quanto il loro ruolo sia fondamentale. Tornando all’esempio della Traviata, sempre la parte finale dell’opera può farci intendere l’importanza della voce, a dispetto della musica, dei testi e della trama stessa che a volte appare surreale. Se proviamo a riascoltare le ultime battute di una Violetta Valery morente con la testa invece che con il cuore, a partire dal minuto 4.20 del video, il nostro senso logico ci farebbe rendere conto dell’assurdità della situazione: la cortigiana è devastata dalla tisi, una malattia che colpisce i polmoni. Fino a poco prima era in preda agli spasmi e, ora, improvvisamente, riesce a condurre la voce all’estremo. Chiaramente, ciò, nella realtà, non sarebbe possibile, ma nell’Opera sì. Perché l’Opera è emozione, arriva al cuore, spesso tralasciando la ragione e qualsiasi ascoltatore troverebbe inconcepibile l’interpretazione della morte di Violetta con una voce gracchiante e scandita dagli ultimi colpi di tosse. Il Melodramma è, dunque, l’unica forma artistica in cui il reale sarebbe più scioccante del fantasioso, perché la voce riesce a cancellare il banale e rendere tutto possibile.

Un altro aspetto che ci aiuta a capire la sacralità delle voci è che senza di esse non esisterebbero i personaggi. Niente personaggi, niente trama e quindi niente opera. Per capire questo concetto è sufficiente cercare, anche in internet, un libretto operistico a caso, aprirlo nelle prime pagine e cercare la lista di personaggi. Accanto ad ognuno di essi, compare una categoria: soprano, mezzosoprano o contralto per le donne; tenore, baritono o basso per gli uomini. Per semplificare, riporto di seguito la lista degli interpreti della Traviata stessa:

Violetta Valéry: Soprano
Flora Bervoix: Mezzosoprano
Annina: Mezzosoprano
Alfredo Germont: Tenore
Giorgio Germont: Baritono
Gastone de Letorières: Tenore
Barone Douphol: Baritono
Marchese d'Obigny: Basso
Dottore Grenvil: Basso
Giuseppe, servo di Violetta: Tenore
Domestico di Flora: Basso
Commissionario: Basso

Perché l’elenco dei personaggi può essere utile a dimostrare l’importanza delle voci nell’ambito operistico? Perché un tempo, nel periodo di massimo splendore della lirica, ogni voce corrispondeva ad un personaggio. Così, ad esempio, i protagonisti erano sempre soprano o tenori, i personaggi secondari mezzosoprano o baritoni, mentre quelli che fungevano quasi da comparse erano contralti o bassi. Con il tempo, alcune voci cominciarono a indicare addirittura determinate categorie, con rare eccezioni: così, giusto per fare un esempio, donne di dubbia fama o streghe erano interpretate da mezzosoprano, come nel caso di Flora Bervoix nella Traviata. 

L’importanza di tutto ciò, della voce in generale e di ciò che rappresentava e poteva fare in un’opera, divenne tale che, nel caso dei soprano, si crearono delle sottocategorie adatte a determinati personaggi o determinate prove di canto. Cominciarono così a distinguersi tre tipi differenti di soprano:
Soprano leggero
Soprano drammatico
Soprano lirico.

Queste sottocategorie, spiegate e identificate nel video riportato in fondo all’articolo, fecero sì che vi potesse essere un più ampio utilizzo della voce potente ed estasiante dei soprano. Come detto prima, queste, di norma, sarebbero state utilizzate per parti da protagoniste. In alcuni casi, la varietà di voci appartenenti alla stessa categoria ha permesso di utilizzare i soprano per parti normalmente dedicate ai mezzosoprano. Ad esempio, secondo il libretto originale del Zauberflöte (Il flauto magico) di Wolfgang Amadeus Mozart, tutti i personaggi femminili, a parte la Terza Dama, avrebbero dovuto essere interpretati da soprano, anche la Regina della Notte, per cui si utilizza, solitamente, un soprano leggero. Lo stesso si può dire della Carmen di Bizet, in cui, secondo il libretto la protagonista dovrebbe essere una mezzosoprano. Nonostante ciò, nell’arco del tempo, venne interpretata da grandi soprano, come Maria Callas.


Il discorso delle voci liriche, tanto complesso quanto affascinante, potrebbe proseguire all’infinito, non facendo altro che seguitare a confermare la bellezza, la particolarità e il calore della voce umana.


venerdì 9 ottobre 2015

L'Opera in Festa a Brescia




Erano le 6 del mattino di sabato 19 settembre. L’aria fresca delle prime luci dell’alba scendeva dal Colle Cidneo, costringendo le numerose persone radunate nell’antico Teatro Romano a stringersi nei loro golfini. Una folla di coraggiosi, raccolti attorno ad un palco che avrebbe ospitato un concerto speciale. Era il giorno della Festa dell'Opera, a Brescia e alle 6.30 un piccolo gruppo di cantanti lirici, ospiti in città, avrebbe dato il via agli eventi e alle manifestazioni della giornata, alternandosi sul palco dell'anfiteatro e unendosi poi agli spettatori per la colazione a base di caffè e brioches. 

Ci si aspettava un numero esiguo di persone, alle prime luci dell'alba, in quel sito divenuto Patrimonio dell'Unesco già da qualche anno. La folla intervenuta a riempire il teatro a cielo aperto ha invece sorpreso tutti: giornalisti, organizzatori e cantanti stessi, che pervasi da un nuovo vigore hanno dato il meglio di sé. Il numero di persone accorse a questo evento gratuito è stato un preludio di ciò che sarebbe accaduto durante tutta la giornata, soprattutto nelle ore serali.

Gli eventi si sono susseguiti in mattinata e nel pomeriggio, emozionando soprattutto i dipendenti di due fabbriche bresciane, divenute teatri improvvisati, e i pazienti delle strutture ospedaliere. Concerti a sorpresa e totalmente improvvisati hanno lasciato a bocca aperta cittadini e turisti, come gli spettacoli tenuti sui mezzi pubblici. In Piazza Tito Speri, il cantante Omar Kamata è uscito dal negozio di un barbiere intonando "Largo al Factotum", aria tratta dal "Barbiere di Siviglia", facendo sorridere e divertire i passanti. Nel piazzale della Freccia Rossa, il coro Calliope ha interpretando il "Va Pensiero" del Nabucco, emozionando molte persone, alcune delle quali si sono unite al canto. Ben seguita è stata l'Opera Jukebox, una manifestazione in cui era possibile richiedere l'interpretazione di un'aria a scelta, cantata da Omar Kamata e Anna Bordignon. Le cantanti Masha Salimi e Lisa Sasso hanno invece accompagnato i bresciani nel loro consueto aperitivo. Indescrivibile la folla che si è radunata fuori dal Teatro Grande, per assistere nella sala chiamata Ridotto allo spettacolo ridotto, appunto, ovvero privo dei recitativi ma comprendente tutte le arie, della Traviata verdiana. L'amore per l'Opera si è visto anche da quanti genitori hanno deciso di accompagnare i propri figli non solo a questi spettacoli, ma anche a quello tanto atteso riservato ai più piccoli, ideato per far conoscere loro, in maniera semplice e divertente, alcuni tra i personaggi più cattivi della storia dell'Opera.

Gli spettacoli più impegnativi e attesi sono indubbiamente stati quelli serali. La città è stata divisa in tre zone. Sul palco di Largo Formentone, accanto al palazzo della Loggia, si sono susseguiti concerti in stile pop, jazz e swing, aventi una scaletta basata sulle maggiori arie operistiche. Il palco posto nel cortile del Broletto, ha invece visto l'alternarsi di musicisti impegnati a interpretare arie celebri di Verdi, Donizetti e Leoncavallo, anche con il solo uso di strumenti, creando, per un momento, un'atmosfera rilassante e magica dai suoni soul


La zona più gettonata è stata senz'altro Piazza del Foro, dove un piccolo palco era stato montato per ospitare, principalmente, il concerto di tre tenori e di una soprano, accompagnati da un pianista. La folla, qui, era immensa, difficile trovare un posto a sedere, ma l'entusiasmo di tutti coloro che sono accorsi per la Festa dell'Opera, ha davvero preso il sopravvento quando, intorno alle 22.30, si è cominciato ad allestire l'ultimo spettacolo, quello di chiusura. Per questo, non c'è stato bisogno di montare alcun palco. Cantanti e musicisti si sono posizionati all'interno del Capitolium, l'antico tempio romano che chiude Piazza del Foro. I cantanti Ivan Inverardi, Larissa Wissel, Raffaella Lupinacci e Marco Frusoni, accompagnati dalla Lyricopera Ensemble, hanno chiuso i festeggiamenti con le arie più note del Rigoletto di Verdi, creando un'atmosfera magica, fatta di luci, colori, suoni e, soprattutto, voci che hanno rivelato la grandezza di questa forma di musica e di arte che aspetta solo di essere riconosciuta come patrimonio culturale non solo italiano, ma del mondo intero. 

venerdì 18 settembre 2015

In arrivo la Festa dell'Opera a Brescia

Mancano solo poche ore a uno dei festival più importanti della città di Brescia che, per un giorno, avrà come unica protagonista proprio l’Opera Lirica. Da qualche anno si ripete, più o meno nello stesso periodo, una manifestazione che ha come scopo quello di portare la musica lirica fuori dai teatri per farla scorrere nelle strade, fra i palazzi, nelle fabbriche e negli ospedali, sui mezzi pubblici e nelle stazioni della metropolitana, avvicinandola al vivere quotidiano, conducendo vecchi e nuovi ascoltatori fra note non sempre conosciute. E, come ogni anno, anche questa volta sarà l’occasione per dare il via alla stagione operistica del Teatro Grande di Brescia che aprirà le porte al pubblico il 3 ottobre, alternando sul suo palco opere di Puccini, Mozart, Rossini e Verdi, fino alla prossima primavera.
Il programma, reso pubblico solo settimana scorsa, prevede ogni sorta di spettacolo. “La Festa dell’Opera torna a invadere Brescia e a coinvolgere decine di migliaia di persone. la quarta edizione vedrà la partecipazione di centinaia di artisti e toccherà più di 50 luoghi della città e sarà dedicata al melodramma italiano, celebrando l’Opera quale prodotto di eccellenza nazionale. una festa colta e popolare che per un’intera giornata trasformerà Brescia in un palcoscenico a cielo aperto”. Così recita la descrizione della manifestazione riportata sul programma ufficiale, scaricabile in formato pdf direttamente dal sito del Teatro Grande. Per l’occasione, bar e ristoranti presenteranno eventi estemporanei e offriranno menù e piatti dedicati al tema dell’Opera. 
La Festa dell’Opera prenderà il via alle 6.30 del mattino, aprendosi nell’affascinante cornice del Teatro Romano, il più antico della città, con un concerto eseguito direttamente dai cantanti lirici della Festa dell’Opera, per poi passare a concerti in fabbriche, cooperative sociali, mense e chiese. Anche questa edizione ha dato, inoltre, la possibilità ad alcune famiglie di ospitare a pranzo i cantanti della Festa. Nel pomeriggio la Festa del’Opera si sposterà in periferia con macchine che porteranno la musica ovunque, interventi a sorpresa sui mezzi pubblici e un concerto dedicato ai pazienti del reparto di Oncologia degli Spedali Civili. 
La sera, sarà possibile scegliere come e dove seguire le ultime ore della celebrazione. Il centro storico sarà, infatti, diviso in tre aree: la zona rossa, situata tra via San Faustino e Piazza Loggia, ospiterà una speciale cena su un prato, accompagnata da arie d’opera, anche rivisitate in chiave pop e jazz. La zona avorio, localizzata tra Palazzo Broletto, Piazza del Duomo e lo stesso Teatro Grande, ospiterà tutti coloro che vorranno ascoltare arie celebri di Mozart, Rossini, Donizetti, Verdi e Leoncavallo, oltre a dare la possibilità di assistere, direttamente nel Teatro, alla rappresentazione di un recital operistico con il cast de La Bohème, spettacolo inaugurale della Stagione Operistica 2015. Per finire, ci sarà una zona oro, creata in una delle piazze più antiche della città, Piazza del Foro, con la suggestiva cornice del Tempio e del Teatro Romano. Qui, sarà possibile ascoltare arie di Opere famose, rivisitate da quattro compositori contemporanei: Claudio Bonometti, Annachiara Gedda, Virginia Guastella e Orazio Sciortino. Subito dopo, il pianoforte di Antonio Ballista accompagnerà la magica voce di Lorna Windsor, interpretando “gli ultimi sospiri delle eroine del melodramma”. Nella zona oro, inoltre, si terrà il grand finale della Festa che si spegnerà allo scoccare della mezzanotte sulle notte del Rigoletto verdiano interpretato da Ivan Inverardi, Larissa Wissel, Raffaella Lupinacci, Marco Frusoni e la Lyricopera Ensemble

“Dall’alba alla mezzanotte, lasciati rapire dal fascino dell’Opera”. Questo lo slogan del Festival che, anche quest’anno, ha già attirato turisti da tutta Italia, ansiosi di farsi trasportare da voci surreali e musiche vibranti. 

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martedì 25 agosto 2015

Trama e libretto di un'opera: La Traviata



Divisa in tre atti e composta su libretto di Francesco Maria Piave, La Traviata di Giuseppe Verdi trae le sue origini dal romanzo, divenuto poi anche opera teatrale, La signora delle Camelie, scritto da Alexandre Dumas figlio.

Verdi scrisse quella che, forse, è la sua opera più celebre in appena quaranta giorni, permettendole di vedere la luce il 6 marzo 1853, quando venne presentata al teatro La Fenice di Venezia 1.

Protagonista dell'opera è Violetta Valery, giovane donna affetta dal mal sottile e conosciuta, in particolare, per la sua frivolezza nelle relazioni con l'altro sesso.

Di seguito i personaggila trama divisa in tre atti, mentre il libretto completo può essere letto e scaricato in formato pdf. qui.


PERSONAGGI

Violetta Valéry: Soprano
Flora Bervoix: Mezzosoprano
Annina: Mezzosoprano
Alfredo Germont: Tenore
Giorgio Germont: Baritono
Gastone de Letorières: Tenore
Barone Douphol: Baritono
Marchese d'Obigny: Basso
Dottore Grenvil: Basso
Giuseppe, servo di Violetta: Tenore
Domestico di Flora: Basso
Commissionario: Basso



ATTO PRIMO


La scena si apre in casa della protagonista. L'atmosfera è quella tipica che precede una festa: fiori e piante addobbano la stanza e i divani sono posti in modo tale da accogliere gli ospiti. Violetta Valery, nonostante la tragedia che la colpisce e la consuma giorno dopo giorno, appare come una donna piena di vitalità, contenta per il modo il cui conduce la sua vita: cogliendo l'attimo, prendendo ciò che di gioioso le viene offerto.
Tra gli invitati, si presenta anche Gastone, visconte de Letoteries, il quale porta con sè Alfredo Germont, segreto ammiratore di Violetta. Subito dopo il loro incontro, i due prendono parte ad un lieto brindisi, in seguito al quale, finalmente, la serata prende il via.
Improvvisamente, Violetta ha un mancamento e, desiderando restare sola per riprendersi, chiede agli invitati di trasferirsi in un altro salone. Alfredo, però, rimane, approfittando dell'occasione in cui si trova solo con lei per confessarle la sua ammirazione e il suo amore. Violetta, colpita dalla dichiarazione, in quanto sempre le era capitato di essere l'oggetto del desiderio di un uomo, ma mai del suo amore, dona ad Alfredo una camelia, dicendogli di riportarla a lei una volta appassita.


ATTO SECONDO

Per vivere il loro sogno d'amore, Violetta e Alfredo si sono trasferiti in una casa di campagna. da Annina, però, l'uomo viene a sapere che Violetta si è recata a Parigi per vendere gioielli e altri beni così da prolungare la loro vita assieme, dal momento che Alfredo è stato diseredato dal padre a motivo della sua scelta. Offeso, Alfredo parte per Parigi per tentare di sistemare questa questione,
Mentre lui si reca nella capitale, Violetta rientra a casa e, poco dopo, le fa visita Giorgio Germont, padre di Alfredo. In nome delle convenzioni e del buon nome della famiglia, Giorgio chiede a Violetta di lasciare il figlio e dimenticarlo. Le spiega che le conseguenze del loro gesto hanno colpito tutti in quanto la sorella di Alfredo, prossima al matrimonio, è stata lasciata dal fidanzato per via della scelta compiuta da Alfredo stesso. Violetta si vede, quindi, costretta a sacrificarsi per amore e rinunciare per sempre all'uomo che ama. 
Prima di andarsene, la donna scrive una lettera di addio ad Alfredo, ma quest'ultimo rientra proprio mentre lei sta ultimando la scrittura del biglietto. Notando in Violetta un velo di turbamento e tristezza, Alfredo la interroga, ottenendo in cambio parole d'amore che nascondono il prossimo congedo.
Violetta parte, quindi, per fare ritorno dal suo ex amante, il barone Douphol, mentre Alfredo riceve la lettera dalle mani di un domestico. Subito dopo entra in scena Giorgio, che lo convince a tornare con la famiglia, mettendogli davanti i problemi che la sua partenza ha creato.

La scena cambia. Violetta entra nella sa da gioco della casa dell'amica Flora Bervoix. Assieme a lei c'è il barone Douphol. Seduto al tavolo da gioco vi è, invece, Alfredo. Tra questi e il barone inizia uno scambio di battute piuttosto aspro. Finalmente viene annunciato l'inizio del banchetto, ma Violetta chiede ad Alfredo di parlargli in privato per chiarirsi. Quando la donna dice che il barone le ha chiesto di lasciare Alfredo proprio in nome dell'amore, Alfredo chiama indietro gli invitati e, davanti a tutti, apostrofa Violetta come prostituta, lanciando ai suoi piedi una borsa piena di denaro per i servigi a lui offerti. Violetta sviene e, prima che Alfredo compia altre azioni sconsiderate, Giorgio lo ferma, mentre il barone lo sfida


ATTO TERZO

Violetta è ormai stremata dalla tisi e, ancora di più, dal male segreto che le affligge il cuore. Quando giunge a visitarla, il medico dichiara a Annina che la donna ha ormai solo poche ore di vita. Mentre fuori imperversano i festeggiamenti per il Carnevale, Violetta riceve la visita di Alfredo che si getta tra le sue braccia chiedendole perdono. Frattanto, giunge anche Germont padre, che , preso dal rimorso, riesce a chiedere perdono per la sua richiesta che ha lacerato Violetta. 
Presa da una nuova crisi, nonostante il forte desiderio di avere ancora un futuro felice da vivere accanto ad Alfredo, Violetta saluta un'ultima volta il suo amato, spirando poi tra le sue braccia.



Lungi dall'essere un semplice dramma amoroso, La Traviata è una tragedia dagli ampi risvolti psicologici, un'opera innovativa, che unisce il romanticismo dell'epoca al desiderio di Verdi di creare qualcosa di nuovo, qualcosa che producesse un nuovo effetto nel pubblico. I suoi personaggi sono complessi e contraddittori, la società è rappresentata in modo realistico, ma con una chiave ironica. 
Non c'è quindi da sorprendersi che La Traviata si sia guadagnata, nei suoi 162 anni di vita, tanta fama e gloria.



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Tutte le immagini sono tratte dal web e raffigurano la rappresentazione dell'Opera svolta nel 2011 e nel 2013 presso l'Arena di Verona con scenografia di Hugo de Ana, così come il video.

lunedì 24 agosto 2015

Storia di un'opera: La Traviata



Il Libretto dell'opera

È forse l’opera verdiana più conosciuta, quella maggiormente apprezzata da un pubblico sempre più eterogeneo. Eppure, non fu sempre così per una composizione che, oggi, definiremmo fortunata.

Nata nel 1853, la Traviata costituì il più grande lavoro del noto compositore italiano Giuseppe Verdi. Non c’era alcuna storia da inventare, nessuno spazio temporale da scegliere. Solo riscrivere ciò che era già stato scritto da qualcun altro.

Un anno prima, nel febbraio del 1852, Verdi si era, infatti, recato a teatro, a Parigi, accompagnato dalla cantante Giuseppina Strepponi. Qui, assistettero all’opera teatrale "La signora delle camelie" 1, dramma scritto da Alexandre Dumas figlio, basandosi su un storia vera che, recentemente, aveva sconvolto la Parigi perbene. 



Lo spettacolo a cui assistette, colpì Verdi a tal punto che decise di rielaborarlo per trarne un melodramma di profondo valore emotivo, nonché pervaso da un estremo romanticismo che ha contribuito a renderlo tanto celebre. Fu così che, solo due mesi dopo aver messo in scena per la prima volta il suo Trovatore, Verdi si mise al lavoro, riuscendo a comporre, su libretto di Francesco Maria Piave, la nuova opera in 40 giorni, ultimandola agli inizi di marzo del 1853. Il 6 marzo di quell’anno, la Traviata fece il suo debutto in società attraverso una rappresentazione allestita, in occasione del celebre Carnevale, al teatro La Fenice di Venezia.

La locandina della prima a La Fenice di Venezia
Contrariamente a quanto succede oggi, la Traviata non fu accolta con urla, applausi e ovazioni. Verdi stesso la definì un fiasco. Tuttavia, tutt’altro che frustato per l’insuccesso, il compositore, in una lettera inviata a casa Ricordi, si espresse così: "Colpa mia o dei cantanti? 2 [...] Il tempo giudicherà”.



Certo che la sua Traviata meritasse il successo, Verdi attese pazientemente 14 mesi. Nel maggio 1854, l’opera tornò in scena, questa volta retrodatandone la trama si circa due secoli, sempre a Venezia, nel teatro San Benedetto. Quell’anno, non solo il popolo veneziano la accolse con entusiasmo, ma anche la stampa diede il suo completo consenso alla composizione del maestro, decretandone il futuro successo mondiale.

Non è difficile capire il motivo per cui, inizialmente, la Traviata venne rigettata e, da alcuni, catalogata addirittura come volgare. Abituato ai suoi drammi storici, ambientati in epoche lontane, con cantanti in costume a testimoniare l’apparente lontananza di quelle storie dal mondo dell’epoca, il pubblico di Verdi che, a Venezia, assisté alla prima de La Traviata, si trovò catapultato non solo in una storia vera, anche se, in parte, romanzata, ma, addirittura, raccontata senza filtri storici.

Giuseppe Verdi
Il romanzo e poi opera teatrale a cui Verdi si era ispirato, “La signora delle camelie”, era stato scritto basandosi sulla storia di Alphonsine Plessis, detta Maria Duplessis, una ragazza che, per un certo periodo, era stata l’amante anche dello stesso Dumas figlio. La donna, morta giovanissima all’età di ventitré anni, era una prostituta per uomini di alta società, un’accompagnatrice o, come allora veniva definita una donna che conducesse tale vita, una mantenuta, un comodo eufemismo che voleva abbellire ciò che veniva percepito come volgare.

In un mondo che, sapientemente, ricorreva spesso ad eufemismi per nascondere argomenti scomodi, la reazione del pubblico veneziano fu quasi normale. L’argomento dell’opera venne giudicato scandaloso e il riferimento alla vera storia della donna parigina era così chiaro che le reazioni avverse provocarono un iniziale insuccesso.

Tuttavia, Verdi era sicuro che, in fondo, la storia di quella giovane donna che aveva fatto scandalo nei salotti della nobiltà, avesse in qualche modo colpito il pubblico. Ciò che Il compositore desiderava, era un’opera che avesse “un soggetto pronto, certamente di sicuro effetto”. Un’opera la cui storia toccasse il cuore del pubblico come aveva toccato il suo 3. Un’opera che non potesse essere facilmente dimenticata e che, con il tempo, sarebbe stata giudicata per ciò che realmente era: un capolavoro.



lunedì 10 agosto 2015

Viaggio nell'Opera: Musica e Parole-Parte 3



In precedenza, abbiamo parlato della questione legata alla necessità di tradurre o meno le opere nella lingua del pubblico. Per capire quanto spesso, nella storia dell’opera, l’importanza dei versi originali sia stata considerata inferiore a quella di altri fattori, come composizioni musicali o virtuosismi vocali, risulta necessario analizzare un’altra usanza molto comune nei secoli scorsi. 


Analizzando in particolare la produzione di opere del 1800, è possibile notare l’esistenza di arie sostitutive. Per capire cosa si intenda con questa espressione, chiariamo brevemente, come prima cosa, il concetto di aria


In campo musicale, l’aria è un brano diviso in strofe, spesso composto per un singolo cantante. Portando questa definizione all’interno della storia dell’opera, possiamo aggiungere un ulteriore particolare: nel melodramma, l’aria si contrappone al recitativo. È un momento dell’opera in cui dialoghi e azioni passando in secondo piano, facendo risaltare, in particolare, i sentimenti e le emozioni del personaggio, permettendo allo spettatore di godere di un momento sospeso nel tempo in cui entrare direttamente nell’intimo del protagonista. 


Nel XIX secolo era usanza comune sostituire le arie o i versi originali con alcune riscritte, chiamate appunto arie sostitutive. Queste venivano adattate a musiche preesistenti, acquisendo, a volte, molta più fama rispetto alle originali, almeno inizialmente.


È questo il caso, ad esempio, dell’opera tedesca di Mozart, Die Zauberflöte (Il Flauto Magico). Completata nel 1791, l’opera attraversò un iniziale periodo di impopolarità e venne giudicata ridicola e priva di ogni senso. Questo per quanto riguarda i versi. La musica, al contrario, aveva superato la prova e Mozart era già entrato nella fase di santificazione. La soluzione perfetta fu, quindi, quella di riscrivere totalmente il libretto ponendolo sulla musica già esistente: nuova trama, nuovi versi, nuovi personaggi. Il risultato fu una nuova opera ambientata lungo il Reno, contenente alcuni riferimenti alla Saga dei Nibelunghi, ondine e personaggi che non corrispondono a quelli originali. Il titolo della nuova composizione fu DernKederich, dal nome di un dirupo sul Reno, e, all’epoca, acquisì molta più fama e molto più valore rispetto all’opera iniziale. 


Un altro esempio, più leggero e meno violento, riguarda un’opera di Rossini. Nel 1818, Il compositore italiano portò sul palcoscenico il suo Mosè in Egitto. Nove anni dopo, al momento del debutto a Parigi, Rossini portò in scena un’opera modificata: Moïse et Pharaon. Oltre a tradurla in francese, Rossini riciclò alcuni brani del Mosè in Egitto per la versione francese. Fu così che, ad esempio, mentre nell’opera originale Elcìa, rappresentata da un soprano, canta una cabaletta sulle pene del suo cuore ferito, nel Moïse lo stesso brano, con versi differenti, venne affidato a Sinaïde, moglie di Faraone, nel momento in cui il personaggio festeggiava una felice svolta nella storia. 


Nel Mosè in Egitto, quindi, Elcìa, recitava i seguenti versi:



Tormenti! Affanni! Smanie!
Voi fate a brani il core!
Tutto di Averno o furie
versate in me il furore...Straziate voi quest'anima,
che regge al duolo ancor!




Nel Moïse et Pharaon, l’aria assume tutt'altra forma:


Che cosa sento! O dolce ebbrezza,
è fedele all’onore; io devo alla sua tenerezza la calma del mio cuore;Dei, proteggete senza sostaLa sua gloria e la sua felicità!



Questi esempi dimostrano che almeno una parte della musica operistica sia potenzialmente mutabile e adattabile a diversi contenuti. Così, per esempio, una composizione che sembra perfetta per un testo sull’amore perduto, suscitando emozioni e sentimenti in tal senso, potrebbe funzionare anche con un testo diverso.



In un’epoca in cui si ha profonda riverenza per i classici, ritenendoli quasi sacri, sembra assurdo pensare che, poco più di due secoli fa, si potesse giocare in maniera tanto varia su testi e libretti che, infine, hanno costruito la storia dell’opera lirica. Nel passato era normale scrivere arie sostitutive quando un’opera veniva ripresa con un nuovo cast, rendendola quindi più adatta all’abilità dei nuovi cantanti. Oggi, invece, nessuno oserebbe fare lo stesso con le opere composte proprio in quel periodo. Il cambiamento culturale è stato così profondo che, forse, è giunto il momento di chiederci per quale motivo, oggi, sia così semplice rimanere scioccati davanti ad un atteggiamento ormai scomparso, lasciando il posto ad una sorta di pessimismo culturale, che ci porta a nascondere i cambiamenti apportati a molte composizioni nel corso del tempo, precludendo la possibilità di conoscere grandi composizioni per venerare le opere originali che, invece, spesso non venivano affatto prese in considerazione all’epoca della loro creazione.

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martedì 4 agosto 2015

Visitando i Teatri: Brescia


La Facciata del Teatro Grande
Da secoli, andare all’Opera, per i cittadini bresciani, significa assistere ad uno spettacolo dalle comode poltrone del più grande e elegante teatro cittadino: il Teatro Grande.

La stagione operistica, che da quattro anni si apre a settembre con la Festa dell’Opera, in realtà, spalanca le porte agli spettatori nel mese di ottobre per poi chiudersi in primavera. 

Oltre all’Opera Lirica, è possibile assistere a spettacoli teatrali e di danza, rappresentazioni dedicate ai bambini e balletti dei più grandi compositori nazionali e internazionali.


Ideato e progettato dall’architetto Carlo Manfredi, il Teatro Grande ha visto la luce nel 1739, sorgendo sulle ceneri di quello che, un secolo prima, era stato il primo teatro pubblico a Brescia, voluto dall’Accademia degli Erranti. Nel XVII secolo, infatti, con il nascere e lo svilupparsi del melodramma, era nata anche l’esigenza di creare strutture in cui poter mettere in scena tali rappresentazioni. 

La Sala Teatrale
Solo successivamente, nel 1789, vennero aggiunte al Teatro Grande, così chiamato in onore di Napoleone, la facciata con le tre grandi arcate che si insinuano tra i portici di Corso Giuseppe Zanardelli e la monumentale scalinata che conduce all’entrata del teatro. 

L’attuale sala teatrale, invece, venne ideata nei primi anni del 1800 e fu progettata in stile neoclassico da Luigi Canonica. Costruita a forma di ferro di cavallo, presenta cinque ordini di palchi con loggette affrescate e arricchite da stucchi e decorazioni dorate ispirate al più celebre Teatro alla Scala di Milano.


Adiacente al Teatro, vi è una sala, chiamata Ridotto, che rappresenta uno dei più importanti e significativi esempi del rococò bresciano. Costruita fra il 1761 e il 1769, dall’architetto Antonio Marchetti, il suo uso era principalmente rivolto all’ospitare concerti cameristici.

Il Ridotto
Oltre ad affermarsi come il principale teatro cittadino grazie alle esibizioni dei più grandi cantanti d’opera di fama internazionale e alla messa in scena delle piú importanti opere liriche della tradizione italiana, nel 1912 il Teatro Grande venne riconosciuto come monumento nazionale. Nel corso dello stesso secolo, inoltre, la sua importanza tra i teatri nazionali crebbe a tal punto che, negli anni ’70, venne identificato dallo Stato italiano come uno degli allora 23 teatri di tradizione italiani, riconoscendo quindi le funzioni culturali, sociali e formative delle attivitá musicali di queste strutture.

Da circa cinque anni, il teatro è gestito da Fondazione del Teatro Grande di Brescia, i cui obiettivi riguardano la “valorizzazione della tradizione, la contemporaneità, la pluridisciplinarietà e i giovani: l’idea è quella di un teatro aperto che diventi punto di riferimento per la città e per il territorio, dove trovino spazio diverse discipline per diversi pubblici, affinché il teatro sia uno spazio vivo e di confronto.”

Ciò che la Fondazione si propone, non senza un pizzico di ambizione, è rendere il Teatro Grande una struttura di importanza non solo nazionale, ma anche internazionale coniugando la tradizione con la contemporaneità all’interno dei progetti artistici e culturali ideati, promossi e proposti dalla Fondazione stessa.

domenica 2 agosto 2015

Brescia, teatro della Festa dell'Opera






200 anni dopo la nascita di Giuseppe Verdi, a Brescia si è tenuta la seconda edizione della Festa dell’Opera, dedicata, principalmente, proprio al grande compositore italiano.

Visto l’enorme successo avuto l’anno precedente con questa manifestazione che ha portato turisti da tutta Italia e addirittura dall’Estero, la Fondazione del Teatro Grande, in collaborazione con il comune di Brescia e varie associazioni culturali e musicali della cittá, ha deciso di riproporre la Festa dell’Opera anche negli anni successivi. Quest’anno, la data prestabilita è il 19 settembre.


L’obiettivo


L’obiettivo della manifestazione non è altro che quello di fare pubblicitá all’Opera Lirica. In una societá in cui il melodramma viene considerato un genere musicale antico, incomprensibile e ormai superato, la missione è quella di avvicinare all’Opera chi nutre un minimo di curiositá, permettendo a tutti, quindi, di conoscere le arie più famose delle opere che poi, durante la stagione, andranno in scena al Teatro Grande, e anche il dietro le quinte dei vari spettacoli che saranno allestiti. La cittá diventa quindi una sorta di teatro all’aria aperta dove le persone possono sentirsi libere di approfondire la loro conoscenza e informarsi.

Una festa popolare che porta il melodramma nelle strade, nelle piazze, nelle fabbriche, nei luoghi del sociale, nei mercati, nelle case, fuori dai luoghi canonici ad essa tradizionalmente adibiti, a diretto contatto con un nuovo pubblico che si cercherà di coinvolgere attivamente, anche entrando nella sfera del quotidiano e favorendo l’incontro e l’integrazione fra le persone.


Programma


Il programma della quarta edizione della Festa dell’Opera, non ancora disponibile per il download,, prevede anche quest’anno manifestazioni, spettacoli e concerti che si terranno, gratuitamente e per l’intera giornata, in tutta la città, coinvolgendo non solo le piazze vicine al teatro stesso, ma anche il Museo di Santa Giulia e l’area del Tempio Capitolino, le stazioni della metropolitana di via Lamarmora e del quartiere di San Polo, i degenti del reparto di oncologia degli Spedali Civili e gli operai di due differenti fabbriche, il carcere, i vicoli, i supermercati, tutte le zone del vivere quotidiano.

Sará inoltre organizzata una caccia al tesoro su note operistiche che porterá quanti vorranno parteciparvi in giro per le vie di Brescia, tra bellezze storiche e culturali. Molti ristoranti offriranno un menù speciale dedicato alle opere e la musica accompagnerà i bresciani e tutti i visitatori fino alla mezzanotte. Inoltre, sará possibile, per le famiglie bresciane, ospitare a pranzo nelle proprie case i cantanti e i musicisti che saranno coinvolti nella festa.

La speranza è quella che anche questa edizione goda dello stesso successo avuto dalle precedenti e che l’invasione di Brescia da parte dell’Opera serva a far riavvicinare ad un genere che ha contribuito, in larga misura, alla storia della nostra musica e della nostra cultura. 

Nell’attesa dell’uscita del programma ufficiale, è possibile visitare il sito del Teatro Grande di Brescia per avere ulteriori informazioni riguardo alle passate edizioni, alla Fondazione del teatro stesso e alla stagione operistica in programma per questo autunno/inverno.

domenica 19 luglio 2015

Viaggio nell'Opera: Musica e Parole-Parte 2

Per proseguire il nostro viaggio nell’Opera Lirica, continuiamo il discorso relativo a parole e musica

Nell’articolo precedente, abbiamo parlato della necessità o meno di tradurre i libretti nella lingua del pubblico. In anni recenti, molti teatri hanno adottato un sistema pratico per accontentare quanti si schierano dalla parte delle traduzioni: molte strutture sono, infatti, dotate di schermi, vicino al palco o addirittura montanti dietro ai sedili di ciascuna poltrona, sui quali compaiono i testi tradotti.
In relazione a questo tipo di progresso, il critico inglese Rodney Milnes si espresse così: “All’Opera si va per ascoltare e guardare, non per leggere”. Dalle sue parole comprendiamo quale sia l’atteggiamento “vecchio stampo” definito dagli esperti per avvicinare i nuovi all’Opera: prepararsi in anticipo, studiando, prima dello spettacolo, la trama e il testo per poter trarre totale piacere da quell’esperienza musicale.
Questo è, tuttavia, un atteggiamento che, a livello storico, presenta dei limiti. Fino all’Ottocento, infatti, leggere i libretti durante lo spettacolo era considerato normale. Recarsi all’Opera, inoltre, non significava semplicemente seguire la rappresentazione: nelle strutture teatrali si poteva giocare d’azzardo o a scacchi, cenare e, persino, trovare compagnia.
La questione traduzione non è nuova. Quando, nel 1841, a Parigi venne presentato “Il franco cacciatore”, opera di Carl Maria von Weber, scritta originalmente in tedesco e tradotta, per l’occasione, in francese, Richard Wagner, preoccupato che una semplice traduzione non fosse sufficiente perché il pubblico capisse appieno la rappresentazione, decise di scrivere un articolo minuzioso sulla storia, la trama e i personaggi di quell’opera.
Capire le parole, quindi, potrebbe non essere così importante come sembra per godere appieno di un’esperienza d’opera. Coloro che si schierano contro traduzioni e soprattitoli, sostengono addirittura che la comprensione totale del testo, effettuata in tali modi, possa trasformarsi in un fattore controproducente per il coinvolgimento emotivo e l’attenzione mentale prestata dallo spettatore nei confronti della musica e del canto, aspetti così particolari da appartenere strettamente all’ideale operistico.
Un’analisi storica di tale argomentazione, ci porta, però, a considerare come l’atteggiamento del pubblico sia cambiato notevolmente nel corso dei decenni di storia dell’Opera Lirica e a seconda dei periodi.

Viaggio nell'Opera: Musica e Parole-Parte 1



Da sempre, nella storia dell’Opera Lirica, si dibatte sulla differenza, a livello di importanza, tra parole e musica. Analizzata a livello superficiale, l’Opera altro non è che teatro cantato, una storia definita attraverso parole in versi e musicate. Tuttavia il rapporto tra parole e musica non è così banale. La relazione esistente tra le due parti dell’Opera è fondamentale tanto nell’approccio a questo genere quanto nella sua comprensione. 

Leggendo attentamente un qualsiasi libretto d’Opera, è possibile notare, senza particolare sforzo, quali siano le due caratteristiche dominanti di un testo lirico: l’elemento narrativo, ovvero la trama stilata attraverso i dialoghi che delineano anche i personaggi, e l’elemento rappresentativo, ovvero la messa in versi della narrazione.

È d’obbligo dire, a questo punto, che critici, compositori, librettisti e spettatori stessi si dividono in due categorie: coloro che sostengono la traduzione dei testi nella lingua del pubblico, giudicando la comprensione della trama e dei personaggi più importante della rappresentazione e dei versi stessi che verrebbero, irrimediabilmente, stravolti e coloro che si schierano a favore delle emozioni che l’Opera suscita in quanto tale, indipendentemente dalla possibilità di capirne e seguirne la trama.

La questione sollevata con la necessità, secondo alcuni, di tradurre l’Opera, si complica a causa di un altro fattore: le parole, una volta musicate, tendono a perdere la propria efficacia semantica. Ciò vale in qualsiasi genere musicale, ma ancor più nell’Opera Lirica.

Le motivazioni per cui è possibile affermare ciò sono molteplici. Prima di tutto, dobbiamo considerare la componente strumentale di un’Opera, ovvero l’orchestra accompagnatrice e l’intensità stessa della musica suonata che, in alcuni casi, può arrivare a sopraffare la voce del cantante. In secondo luogo, il compositore può scegliere di utilizzare una parola, più o meno importante, come riempitivo, creando quella che, in termine tecnico, si definisce coloratura. Una terza ragione, non meno importante, è la voce stessa. La voce operistica, in particolare, spesso vede costretto il cantante a far passare in secondo piano la pronuncia e l’articolazione delle parole per favorire l’emissione della voce necessaria a raggiungere determinate tonalità. 

Quest’ultimo fattore non dipende dalla traduzione o meno di un’Opera Lirica e, anzi, acquista maggiore importanza man mano che le voci si fanno più acute. Che l’Opera da noi ascoltata sia nella nostra lingua madre o in un idioma straniero, quindi, ciò che conta influisce sulla comprensione è la tonalità raggiunta dalle voci.

È, perciò, possibile concludere che la comprensione piena e concreta delle parole di un’Opera è inversamente proporzionale all’altezza della voce che le esprime.

sabato 4 luglio 2015

Viaggio nell'Opera Lirica: Introduzione



Alla parola “Opera”, si associa spesso un genere musicale il più delle volte considerato d’élite, sia perché percepito come difficile da comprendere, sia per le tariffe dei biglietti che, in alcuni teatri, sono talmente elevate da permettere solo a pochi, abituali spettatori di assistervi. Questo, spesso, dipende dall’elevato costo che la realizzazione di uno spettacolo operistico richiede: cantanti, comparse, maschere, musicisti, scenografi, direttori d’orchestra, in alcuni casi persino un corpo di ballo, a cui è necessario sommare le spese di mantenimento della struttura che ospita lo spettacolo e il lavoro del dietro le quinte realizzato da personale esperto.


Come se non bastasse, nella sua particolarità, l’opera lirica è un tipo di teatro in cui i personaggi cantano. Raramente recitano. Questo aspetto rende il melodramma una forma d’arte non realistica e, anzi, per alcuni, bizzarra. È quindi naturale chiedersi perché ci siano, in tutto il mondo, persone che amano così tanto l’opera lirica da essere disposti dedicare la loro vita a studiare, interpretare e discutere delle sue produzioni.



Nonostante quello che è il pensiero comune, l’opera è una forma d’arte relativamente giovane, con alle spalle circa quattrocento anni di storia. Il suo periodo di massimo splendore si ebbe tra il 1700 e il 1800, eppure, nonostante nell’ultimo secolo la fiorente produzione di opere liriche sia divenuta poco più di un costante rigagnolo che bagna implacabilmente le terre della cultura, i critici sono convinti che il melodramma sia l’unica forma di musica “classica” in grado di conquistare nuovi spettatori, anche tra le ultime generazioni. Nonostante le maggiori creazioni operistiche, quelle più popolari e longeve, siano apparse in un contesto storico e culturale estremamente diverso dal nostro, secondo gli esperti, possono ancora avere presa sul pubblico di oggi, trasmettendo significati validi anche nella nostra società. Per dirla a parole loro, “l’opera può cambiarci: a livello fisico, emotivo e intellettuale”.



In questo percorso, storico e sociale, in cui gireremo attorno all’opera lirica per conoscerla, approfondirla, analizzarla sotto più aspetti, non in qualità di critici o esperti, ma come semplici spettatori e osservatori che sono comunque individui pensanti, cercheremo di capire perché il melodramma possa ancora influire su di noi e perché abbia questo straordinario potere di modificarci così profondamente.

martedì 30 giugno 2015

L'Opera, patrimonio culturale italiano



Nel 2014 é stata ufficialmente presentata alla sede mondiale dell'Unesco, la richiesta di inserire l'Opera Lirica Italiana nell'elenco delle tradizioni facenti parte del patrimonio immateriale dell'umanità.

Come spiegato nell'articolo precedente, l'Opera non é un fenomeno in via d'estinzione, grazie al successo che continua a riscuotere in tutto il mondo. Nel suo paese fondatore, peró, i teatri cominciano a chiudere i battenti o a incrementare spettacoli di altro tipo, sacrificando ciò che invece fa parte del nostro patrimonio culturale nazionale, “un bene che è ambasciatore della cultura italiana all’estero, che ha svolto un ruolo fondante nella diffusione della lingua nella Penisola e che è ritenuto patrimonio identitario della Nazione”.

Tra gli ambasciatori di questa petizione dedicata al Melodramma, spicca la figura del premio Nobel Dario Fo, il quale, durante un appello a sostegno della candidatura dell’Opera Italiana come patrimonio immateriale dell’Unesco, ha trattato in pochi, semplici passaggi lo sviluppo non solo dell’opera buffa e tragica, ma anche la relazione esistente tra il modificarsi di questo genere musicale e l’evoluzione subita dalla lingua italiana. Ha messo in risalto quanto, nel periodo di massimo splendore dell’Opera, non fosse concepibile la recitazione in una lingua diversa dall’italiano, tanto che la maggior parte dei librettisti famosi erano italiani, i grandi compositori trattavano dell’opera in lingua italiana e, ancora oggi, tanti cantanti lirici imparano l’italiano per arrivare al successo.

“Tutto questo ci porta ad un altro pensiero importante: l’italiano, la lingua italiana, la cultura italiana sarebbe la stessa se non avessimo avuto di sotto-base, di base fondamentale, un fenomeno così importante da ristrutturare e cambiare il linguaggio, il modo di pensare, la forma, la gestualità e soprattutto un’architettura per il teatro, come è successo. Quindi ci si sta chiedendo: Ma come mai un fenomeno di questo genere non ha avuto ancora un riconoscimento degno? Un fenomeno unico al mondo, importante non soltanto nella nostra cultura, ma anche nella cultura degli altri paesi, perché anche loro hanno avuto una specie di rivoluzione dentro l’espressività della musica, del canto, e anche della rappresentazione. E allora io chiedo all’Unesco: ma cosa aspettate a darci il premio e il riconoscimento che ci compete?”


Vedi anche l'articolo "L'Opera Lirica Italiana: Patrimonio dell'Umanità".

domenica 28 giugno 2015

L' Opera Lirica Italiana: Patrimonio dell'Umanità



Nel 1945, un gruppo di ministri europei, chiamato “Ministri dell’Educazione dei Paesi Alleati contro il Nazismo", firmó l’Atto Costitutivo dell’Unesco, un organismo facente parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e fondato con lo scopo di "promuovere il rispetto universale per la giustizia, per lo stato di diritto e per i diritti umani e le libertà fondamentali”, tutelando il
patrimonio culturale esistente in ogni nazione, rendendolo parte dell’intera umanità.

Dal 2001, l’Unesco si adopera per custodire, oltre ai beni materiali, anche il “patrimonio orale e immateriale” dell’umanità, ovvero tradizioni e aspetti culturali spesso tramandati solo oralmente. Nel 2003 vennero istituite ben tre liste: la "Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'umanità", la "Lista del patrimonio culturale immateriale che necessita di essere urgentemente salvaguardato" per i patrimoni a rischio di estinzione e la lista dei "Programmi, progetti e attività per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale", ovvero l’elenco di tutte quelle iniziative a livello locale che riflettono i principi e le norme della Convenzione dell’Unesco e che riceveranno quindi sostegno internazionale. Nel 2012 le liste contenevano, rispettivamente, 257, 31 e 10 elementi.

Da qualche anno, l’associazione Cantori Professionisti d’Italia si batte affinché anche l’Opera Lirica Italiana venga inserita all’interno della “Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità”. Presentando una petizione sul sito firmiamo.it e sollecitando in tal modo la sede italiana dell’Unesco, si è arrivati a richiedere l’approvazione da parte del Mibact (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) e a presentare ufficialmente la candidatura il 16 giugno 2014. Tuttavia, a un anno di distanza, l'Opera italiana è ancora in lista di attesa e la petizione è stata firmata solamente da 3050 persone.

Per quale motivo si desidera l’entrata dell’Opera Lirica nel patrimonio dell’Unesco? Il Melodramma è forse un genere in via d’estinzione? Fortunatamente ancora no. A tenerlo bene in vita, tuttavia, non è tanto l’Italia quanto il resto del mondo, dove l’Opera italiana continua a essere apprezzata e a vedere aumentare, ogni anno, i suoi spettatori. Il problema é, quindi, totalmente italiano.