martedì 25 agosto 2015

Trama e libretto di un'opera: La Traviata



Divisa in tre atti e composta su libretto di Francesco Maria Piave, La Traviata di Giuseppe Verdi trae le sue origini dal romanzo, divenuto poi anche opera teatrale, La signora delle Camelie, scritto da Alexandre Dumas figlio.

Verdi scrisse quella che, forse, è la sua opera più celebre in appena quaranta giorni, permettendole di vedere la luce il 6 marzo 1853, quando venne presentata al teatro La Fenice di Venezia 1.

Protagonista dell'opera è Violetta Valery, giovane donna affetta dal mal sottile e conosciuta, in particolare, per la sua frivolezza nelle relazioni con l'altro sesso.

Di seguito i personaggila trama divisa in tre atti, mentre il libretto completo può essere letto e scaricato in formato pdf. qui.


PERSONAGGI

Violetta Valéry: Soprano
Flora Bervoix: Mezzosoprano
Annina: Mezzosoprano
Alfredo Germont: Tenore
Giorgio Germont: Baritono
Gastone de Letorières: Tenore
Barone Douphol: Baritono
Marchese d'Obigny: Basso
Dottore Grenvil: Basso
Giuseppe, servo di Violetta: Tenore
Domestico di Flora: Basso
Commissionario: Basso



ATTO PRIMO


La scena si apre in casa della protagonista. L'atmosfera è quella tipica che precede una festa: fiori e piante addobbano la stanza e i divani sono posti in modo tale da accogliere gli ospiti. Violetta Valery, nonostante la tragedia che la colpisce e la consuma giorno dopo giorno, appare come una donna piena di vitalità, contenta per il modo il cui conduce la sua vita: cogliendo l'attimo, prendendo ciò che di gioioso le viene offerto.
Tra gli invitati, si presenta anche Gastone, visconte de Letoteries, il quale porta con sè Alfredo Germont, segreto ammiratore di Violetta. Subito dopo il loro incontro, i due prendono parte ad un lieto brindisi, in seguito al quale, finalmente, la serata prende il via.
Improvvisamente, Violetta ha un mancamento e, desiderando restare sola per riprendersi, chiede agli invitati di trasferirsi in un altro salone. Alfredo, però, rimane, approfittando dell'occasione in cui si trova solo con lei per confessarle la sua ammirazione e il suo amore. Violetta, colpita dalla dichiarazione, in quanto sempre le era capitato di essere l'oggetto del desiderio di un uomo, ma mai del suo amore, dona ad Alfredo una camelia, dicendogli di riportarla a lei una volta appassita.


ATTO SECONDO

Per vivere il loro sogno d'amore, Violetta e Alfredo si sono trasferiti in una casa di campagna. da Annina, però, l'uomo viene a sapere che Violetta si è recata a Parigi per vendere gioielli e altri beni così da prolungare la loro vita assieme, dal momento che Alfredo è stato diseredato dal padre a motivo della sua scelta. Offeso, Alfredo parte per Parigi per tentare di sistemare questa questione,
Mentre lui si reca nella capitale, Violetta rientra a casa e, poco dopo, le fa visita Giorgio Germont, padre di Alfredo. In nome delle convenzioni e del buon nome della famiglia, Giorgio chiede a Violetta di lasciare il figlio e dimenticarlo. Le spiega che le conseguenze del loro gesto hanno colpito tutti in quanto la sorella di Alfredo, prossima al matrimonio, è stata lasciata dal fidanzato per via della scelta compiuta da Alfredo stesso. Violetta si vede, quindi, costretta a sacrificarsi per amore e rinunciare per sempre all'uomo che ama. 
Prima di andarsene, la donna scrive una lettera di addio ad Alfredo, ma quest'ultimo rientra proprio mentre lei sta ultimando la scrittura del biglietto. Notando in Violetta un velo di turbamento e tristezza, Alfredo la interroga, ottenendo in cambio parole d'amore che nascondono il prossimo congedo.
Violetta parte, quindi, per fare ritorno dal suo ex amante, il barone Douphol, mentre Alfredo riceve la lettera dalle mani di un domestico. Subito dopo entra in scena Giorgio, che lo convince a tornare con la famiglia, mettendogli davanti i problemi che la sua partenza ha creato.

La scena cambia. Violetta entra nella sa da gioco della casa dell'amica Flora Bervoix. Assieme a lei c'è il barone Douphol. Seduto al tavolo da gioco vi è, invece, Alfredo. Tra questi e il barone inizia uno scambio di battute piuttosto aspro. Finalmente viene annunciato l'inizio del banchetto, ma Violetta chiede ad Alfredo di parlargli in privato per chiarirsi. Quando la donna dice che il barone le ha chiesto di lasciare Alfredo proprio in nome dell'amore, Alfredo chiama indietro gli invitati e, davanti a tutti, apostrofa Violetta come prostituta, lanciando ai suoi piedi una borsa piena di denaro per i servigi a lui offerti. Violetta sviene e, prima che Alfredo compia altre azioni sconsiderate, Giorgio lo ferma, mentre il barone lo sfida


ATTO TERZO

Violetta è ormai stremata dalla tisi e, ancora di più, dal male segreto che le affligge il cuore. Quando giunge a visitarla, il medico dichiara a Annina che la donna ha ormai solo poche ore di vita. Mentre fuori imperversano i festeggiamenti per il Carnevale, Violetta riceve la visita di Alfredo che si getta tra le sue braccia chiedendole perdono. Frattanto, giunge anche Germont padre, che , preso dal rimorso, riesce a chiedere perdono per la sua richiesta che ha lacerato Violetta. 
Presa da una nuova crisi, nonostante il forte desiderio di avere ancora un futuro felice da vivere accanto ad Alfredo, Violetta saluta un'ultima volta il suo amato, spirando poi tra le sue braccia.



Lungi dall'essere un semplice dramma amoroso, La Traviata è una tragedia dagli ampi risvolti psicologici, un'opera innovativa, che unisce il romanticismo dell'epoca al desiderio di Verdi di creare qualcosa di nuovo, qualcosa che producesse un nuovo effetto nel pubblico. I suoi personaggi sono complessi e contraddittori, la società è rappresentata in modo realistico, ma con una chiave ironica. 
Non c'è quindi da sorprendersi che La Traviata si sia guadagnata, nei suoi 162 anni di vita, tanta fama e gloria.



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Tutte le immagini sono tratte dal web e raffigurano la rappresentazione dell'Opera svolta nel 2011 e nel 2013 presso l'Arena di Verona con scenografia di Hugo de Ana, così come il video.

lunedì 24 agosto 2015

Storia di un'opera: La Traviata



Il Libretto dell'opera

È forse l’opera verdiana più conosciuta, quella maggiormente apprezzata da un pubblico sempre più eterogeneo. Eppure, non fu sempre così per una composizione che, oggi, definiremmo fortunata.

Nata nel 1853, la Traviata costituì il più grande lavoro del noto compositore italiano Giuseppe Verdi. Non c’era alcuna storia da inventare, nessuno spazio temporale da scegliere. Solo riscrivere ciò che era già stato scritto da qualcun altro.

Un anno prima, nel febbraio del 1852, Verdi si era, infatti, recato a teatro, a Parigi, accompagnato dalla cantante Giuseppina Strepponi. Qui, assistettero all’opera teatrale "La signora delle camelie" 1, dramma scritto da Alexandre Dumas figlio, basandosi su un storia vera che, recentemente, aveva sconvolto la Parigi perbene. 



Lo spettacolo a cui assistette, colpì Verdi a tal punto che decise di rielaborarlo per trarne un melodramma di profondo valore emotivo, nonché pervaso da un estremo romanticismo che ha contribuito a renderlo tanto celebre. Fu così che, solo due mesi dopo aver messo in scena per la prima volta il suo Trovatore, Verdi si mise al lavoro, riuscendo a comporre, su libretto di Francesco Maria Piave, la nuova opera in 40 giorni, ultimandola agli inizi di marzo del 1853. Il 6 marzo di quell’anno, la Traviata fece il suo debutto in società attraverso una rappresentazione allestita, in occasione del celebre Carnevale, al teatro La Fenice di Venezia.

La locandina della prima a La Fenice di Venezia
Contrariamente a quanto succede oggi, la Traviata non fu accolta con urla, applausi e ovazioni. Verdi stesso la definì un fiasco. Tuttavia, tutt’altro che frustato per l’insuccesso, il compositore, in una lettera inviata a casa Ricordi, si espresse così: "Colpa mia o dei cantanti? 2 [...] Il tempo giudicherà”.



Certo che la sua Traviata meritasse il successo, Verdi attese pazientemente 14 mesi. Nel maggio 1854, l’opera tornò in scena, questa volta retrodatandone la trama si circa due secoli, sempre a Venezia, nel teatro San Benedetto. Quell’anno, non solo il popolo veneziano la accolse con entusiasmo, ma anche la stampa diede il suo completo consenso alla composizione del maestro, decretandone il futuro successo mondiale.

Non è difficile capire il motivo per cui, inizialmente, la Traviata venne rigettata e, da alcuni, catalogata addirittura come volgare. Abituato ai suoi drammi storici, ambientati in epoche lontane, con cantanti in costume a testimoniare l’apparente lontananza di quelle storie dal mondo dell’epoca, il pubblico di Verdi che, a Venezia, assisté alla prima de La Traviata, si trovò catapultato non solo in una storia vera, anche se, in parte, romanzata, ma, addirittura, raccontata senza filtri storici.

Giuseppe Verdi
Il romanzo e poi opera teatrale a cui Verdi si era ispirato, “La signora delle camelie”, era stato scritto basandosi sulla storia di Alphonsine Plessis, detta Maria Duplessis, una ragazza che, per un certo periodo, era stata l’amante anche dello stesso Dumas figlio. La donna, morta giovanissima all’età di ventitré anni, era una prostituta per uomini di alta società, un’accompagnatrice o, come allora veniva definita una donna che conducesse tale vita, una mantenuta, un comodo eufemismo che voleva abbellire ciò che veniva percepito come volgare.

In un mondo che, sapientemente, ricorreva spesso ad eufemismi per nascondere argomenti scomodi, la reazione del pubblico veneziano fu quasi normale. L’argomento dell’opera venne giudicato scandaloso e il riferimento alla vera storia della donna parigina era così chiaro che le reazioni avverse provocarono un iniziale insuccesso.

Tuttavia, Verdi era sicuro che, in fondo, la storia di quella giovane donna che aveva fatto scandalo nei salotti della nobiltà, avesse in qualche modo colpito il pubblico. Ciò che Il compositore desiderava, era un’opera che avesse “un soggetto pronto, certamente di sicuro effetto”. Un’opera la cui storia toccasse il cuore del pubblico come aveva toccato il suo 3. Un’opera che non potesse essere facilmente dimenticata e che, con il tempo, sarebbe stata giudicata per ciò che realmente era: un capolavoro.



lunedì 10 agosto 2015

Viaggio nell'Opera: Musica e Parole-Parte 3



In precedenza, abbiamo parlato della questione legata alla necessità di tradurre o meno le opere nella lingua del pubblico. Per capire quanto spesso, nella storia dell’opera, l’importanza dei versi originali sia stata considerata inferiore a quella di altri fattori, come composizioni musicali o virtuosismi vocali, risulta necessario analizzare un’altra usanza molto comune nei secoli scorsi. 


Analizzando in particolare la produzione di opere del 1800, è possibile notare l’esistenza di arie sostitutive. Per capire cosa si intenda con questa espressione, chiariamo brevemente, come prima cosa, il concetto di aria


In campo musicale, l’aria è un brano diviso in strofe, spesso composto per un singolo cantante. Portando questa definizione all’interno della storia dell’opera, possiamo aggiungere un ulteriore particolare: nel melodramma, l’aria si contrappone al recitativo. È un momento dell’opera in cui dialoghi e azioni passando in secondo piano, facendo risaltare, in particolare, i sentimenti e le emozioni del personaggio, permettendo allo spettatore di godere di un momento sospeso nel tempo in cui entrare direttamente nell’intimo del protagonista. 


Nel XIX secolo era usanza comune sostituire le arie o i versi originali con alcune riscritte, chiamate appunto arie sostitutive. Queste venivano adattate a musiche preesistenti, acquisendo, a volte, molta più fama rispetto alle originali, almeno inizialmente.


È questo il caso, ad esempio, dell’opera tedesca di Mozart, Die Zauberflöte (Il Flauto Magico). Completata nel 1791, l’opera attraversò un iniziale periodo di impopolarità e venne giudicata ridicola e priva di ogni senso. Questo per quanto riguarda i versi. La musica, al contrario, aveva superato la prova e Mozart era già entrato nella fase di santificazione. La soluzione perfetta fu, quindi, quella di riscrivere totalmente il libretto ponendolo sulla musica già esistente: nuova trama, nuovi versi, nuovi personaggi. Il risultato fu una nuova opera ambientata lungo il Reno, contenente alcuni riferimenti alla Saga dei Nibelunghi, ondine e personaggi che non corrispondono a quelli originali. Il titolo della nuova composizione fu DernKederich, dal nome di un dirupo sul Reno, e, all’epoca, acquisì molta più fama e molto più valore rispetto all’opera iniziale. 


Un altro esempio, più leggero e meno violento, riguarda un’opera di Rossini. Nel 1818, Il compositore italiano portò sul palcoscenico il suo Mosè in Egitto. Nove anni dopo, al momento del debutto a Parigi, Rossini portò in scena un’opera modificata: Moïse et Pharaon. Oltre a tradurla in francese, Rossini riciclò alcuni brani del Mosè in Egitto per la versione francese. Fu così che, ad esempio, mentre nell’opera originale Elcìa, rappresentata da un soprano, canta una cabaletta sulle pene del suo cuore ferito, nel Moïse lo stesso brano, con versi differenti, venne affidato a Sinaïde, moglie di Faraone, nel momento in cui il personaggio festeggiava una felice svolta nella storia. 


Nel Mosè in Egitto, quindi, Elcìa, recitava i seguenti versi:



Tormenti! Affanni! Smanie!
Voi fate a brani il core!
Tutto di Averno o furie
versate in me il furore...Straziate voi quest'anima,
che regge al duolo ancor!




Nel Moïse et Pharaon, l’aria assume tutt'altra forma:


Che cosa sento! O dolce ebbrezza,
è fedele all’onore; io devo alla sua tenerezza la calma del mio cuore;Dei, proteggete senza sostaLa sua gloria e la sua felicità!



Questi esempi dimostrano che almeno una parte della musica operistica sia potenzialmente mutabile e adattabile a diversi contenuti. Così, per esempio, una composizione che sembra perfetta per un testo sull’amore perduto, suscitando emozioni e sentimenti in tal senso, potrebbe funzionare anche con un testo diverso.



In un’epoca in cui si ha profonda riverenza per i classici, ritenendoli quasi sacri, sembra assurdo pensare che, poco più di due secoli fa, si potesse giocare in maniera tanto varia su testi e libretti che, infine, hanno costruito la storia dell’opera lirica. Nel passato era normale scrivere arie sostitutive quando un’opera veniva ripresa con un nuovo cast, rendendola quindi più adatta all’abilità dei nuovi cantanti. Oggi, invece, nessuno oserebbe fare lo stesso con le opere composte proprio in quel periodo. Il cambiamento culturale è stato così profondo che, forse, è giunto il momento di chiederci per quale motivo, oggi, sia così semplice rimanere scioccati davanti ad un atteggiamento ormai scomparso, lasciando il posto ad una sorta di pessimismo culturale, che ci porta a nascondere i cambiamenti apportati a molte composizioni nel corso del tempo, precludendo la possibilità di conoscere grandi composizioni per venerare le opere originali che, invece, spesso non venivano affatto prese in considerazione all’epoca della loro creazione.

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martedì 4 agosto 2015

Visitando i Teatri: Brescia


La Facciata del Teatro Grande
Da secoli, andare all’Opera, per i cittadini bresciani, significa assistere ad uno spettacolo dalle comode poltrone del più grande e elegante teatro cittadino: il Teatro Grande.

La stagione operistica, che da quattro anni si apre a settembre con la Festa dell’Opera, in realtà, spalanca le porte agli spettatori nel mese di ottobre per poi chiudersi in primavera. 

Oltre all’Opera Lirica, è possibile assistere a spettacoli teatrali e di danza, rappresentazioni dedicate ai bambini e balletti dei più grandi compositori nazionali e internazionali.


Ideato e progettato dall’architetto Carlo Manfredi, il Teatro Grande ha visto la luce nel 1739, sorgendo sulle ceneri di quello che, un secolo prima, era stato il primo teatro pubblico a Brescia, voluto dall’Accademia degli Erranti. Nel XVII secolo, infatti, con il nascere e lo svilupparsi del melodramma, era nata anche l’esigenza di creare strutture in cui poter mettere in scena tali rappresentazioni. 

La Sala Teatrale
Solo successivamente, nel 1789, vennero aggiunte al Teatro Grande, così chiamato in onore di Napoleone, la facciata con le tre grandi arcate che si insinuano tra i portici di Corso Giuseppe Zanardelli e la monumentale scalinata che conduce all’entrata del teatro. 

L’attuale sala teatrale, invece, venne ideata nei primi anni del 1800 e fu progettata in stile neoclassico da Luigi Canonica. Costruita a forma di ferro di cavallo, presenta cinque ordini di palchi con loggette affrescate e arricchite da stucchi e decorazioni dorate ispirate al più celebre Teatro alla Scala di Milano.


Adiacente al Teatro, vi è una sala, chiamata Ridotto, che rappresenta uno dei più importanti e significativi esempi del rococò bresciano. Costruita fra il 1761 e il 1769, dall’architetto Antonio Marchetti, il suo uso era principalmente rivolto all’ospitare concerti cameristici.

Il Ridotto
Oltre ad affermarsi come il principale teatro cittadino grazie alle esibizioni dei più grandi cantanti d’opera di fama internazionale e alla messa in scena delle piú importanti opere liriche della tradizione italiana, nel 1912 il Teatro Grande venne riconosciuto come monumento nazionale. Nel corso dello stesso secolo, inoltre, la sua importanza tra i teatri nazionali crebbe a tal punto che, negli anni ’70, venne identificato dallo Stato italiano come uno degli allora 23 teatri di tradizione italiani, riconoscendo quindi le funzioni culturali, sociali e formative delle attivitá musicali di queste strutture.

Da circa cinque anni, il teatro è gestito da Fondazione del Teatro Grande di Brescia, i cui obiettivi riguardano la “valorizzazione della tradizione, la contemporaneità, la pluridisciplinarietà e i giovani: l’idea è quella di un teatro aperto che diventi punto di riferimento per la città e per il territorio, dove trovino spazio diverse discipline per diversi pubblici, affinché il teatro sia uno spazio vivo e di confronto.”

Ciò che la Fondazione si propone, non senza un pizzico di ambizione, è rendere il Teatro Grande una struttura di importanza non solo nazionale, ma anche internazionale coniugando la tradizione con la contemporaneità all’interno dei progetti artistici e culturali ideati, promossi e proposti dalla Fondazione stessa.

domenica 2 agosto 2015

Brescia, teatro della Festa dell'Opera






200 anni dopo la nascita di Giuseppe Verdi, a Brescia si è tenuta la seconda edizione della Festa dell’Opera, dedicata, principalmente, proprio al grande compositore italiano.

Visto l’enorme successo avuto l’anno precedente con questa manifestazione che ha portato turisti da tutta Italia e addirittura dall’Estero, la Fondazione del Teatro Grande, in collaborazione con il comune di Brescia e varie associazioni culturali e musicali della cittá, ha deciso di riproporre la Festa dell’Opera anche negli anni successivi. Quest’anno, la data prestabilita è il 19 settembre.


L’obiettivo


L’obiettivo della manifestazione non è altro che quello di fare pubblicitá all’Opera Lirica. In una societá in cui il melodramma viene considerato un genere musicale antico, incomprensibile e ormai superato, la missione è quella di avvicinare all’Opera chi nutre un minimo di curiositá, permettendo a tutti, quindi, di conoscere le arie più famose delle opere che poi, durante la stagione, andranno in scena al Teatro Grande, e anche il dietro le quinte dei vari spettacoli che saranno allestiti. La cittá diventa quindi una sorta di teatro all’aria aperta dove le persone possono sentirsi libere di approfondire la loro conoscenza e informarsi.

Una festa popolare che porta il melodramma nelle strade, nelle piazze, nelle fabbriche, nei luoghi del sociale, nei mercati, nelle case, fuori dai luoghi canonici ad essa tradizionalmente adibiti, a diretto contatto con un nuovo pubblico che si cercherà di coinvolgere attivamente, anche entrando nella sfera del quotidiano e favorendo l’incontro e l’integrazione fra le persone.


Programma


Il programma della quarta edizione della Festa dell’Opera, non ancora disponibile per il download,, prevede anche quest’anno manifestazioni, spettacoli e concerti che si terranno, gratuitamente e per l’intera giornata, in tutta la città, coinvolgendo non solo le piazze vicine al teatro stesso, ma anche il Museo di Santa Giulia e l’area del Tempio Capitolino, le stazioni della metropolitana di via Lamarmora e del quartiere di San Polo, i degenti del reparto di oncologia degli Spedali Civili e gli operai di due differenti fabbriche, il carcere, i vicoli, i supermercati, tutte le zone del vivere quotidiano.

Sará inoltre organizzata una caccia al tesoro su note operistiche che porterá quanti vorranno parteciparvi in giro per le vie di Brescia, tra bellezze storiche e culturali. Molti ristoranti offriranno un menù speciale dedicato alle opere e la musica accompagnerà i bresciani e tutti i visitatori fino alla mezzanotte. Inoltre, sará possibile, per le famiglie bresciane, ospitare a pranzo nelle proprie case i cantanti e i musicisti che saranno coinvolti nella festa.

La speranza è quella che anche questa edizione goda dello stesso successo avuto dalle precedenti e che l’invasione di Brescia da parte dell’Opera serva a far riavvicinare ad un genere che ha contribuito, in larga misura, alla storia della nostra musica e della nostra cultura. 

Nell’attesa dell’uscita del programma ufficiale, è possibile visitare il sito del Teatro Grande di Brescia per avere ulteriori informazioni riguardo alle passate edizioni, alla Fondazione del teatro stesso e alla stagione operistica in programma per questo autunno/inverno.